Il 24 febbraio siamo chiamati in votazione popolare sul referendum contro la Legge sulla riforma II dell’imposizione delle imprese. Questa Legge si occupa di diversi aspetti della fiscalità, ma la parte che è più dibattuta è l’attenuazione della doppia imposizione economica.
Economicamente il “valore aggiunto” creato in una società (persona giuridica) viene imposto in capo alla società integralmente come utile e per il solo effetto del trasferimento all’azionista integralmente una seconda volta. Il contenuto della nuova Legge indica invece che per partecipazioni qualificate (almeno il 10%) i redditi azionari saranno abbattuti del 40% se provenienti dal semplice patrimonio privato del contribuente, oppure del 50% se dalla sostanza commerciale. Con questa semplice misura si attenua la doppia imposizione.
La prima critica che viene mossa alla riforma è che si tratta di uno schiaffo morale per i lavoratori: infatti il reddito da lavoro continuerà ad essere imposto al 100%, mentre il reddito in investimenti azionari sarebbe tassato al 60%. Ciò non è corretto, perché omette il fatto che prima di essere distribuito l’utile è già stato imposto al 100% presso la società. Quindi la riforma è molto utile se, ad esempio, per una questione di gestioni dei rischi due fratelli costituiscono la Garage Rossi SA, realizzano un utile societario (imposto al 100%) e vengono agevolati nell’estrarre la liquidità generata (imposta al 60%), senza pagare le imposte piene due volte.
Infine tutti i dividendi di partecipazioni inferiori al 10% continueranno ad essere imposti interamente. Ad esempio il Signor Bianchi investe i suoi risparmi in una grande società svizzera quotata in borsa (difficilmente arriverà al 10%): i dividendi che riceverà saranno imposti come finora.
Questo era un semplice inizio di confronto su temi di equità fiscale e considerazioni economiche. Sarebbe però incompleta una analisi che omettesse di osservare ciò che succede negli altri Paesi (e anche all’interno della Svizzera medesima). La concorrenza fiscale è sempre più presente e molti operatori analizzano le conseguenze fiscali prima di scegliere dove localizzarsi. Vi sono due scuole di pensiero al proposito: la prima afferma che la concorrenza fiscale è un costante stimolo per gli enti pubblici per diventare efficienti al massimo; la seconda afferma che si tratta di una dissennata corsa al ribasso con la continua ricerca di attirare buoni contribuenti, ma alla fine le casse saranno vuote per tutti.
Quale delle due teorie sia corretta è al momento irrilevante, in quanto non esistono regole che vincolino gli Stati a limitare la gara fiscale, quindi la concorrenza è una condizione in cui operare.
Osserviamo la vicina Italia: l’ordinamento ha previsto una imposizione definitiva delle persone fisiche del 12.5% dei dividendi provenienti da partecipazioni non qualificate, oppure un abbattimento del 60% in caso di partecipazioni qualificate (è come sempre da seguire l’evoluzione della Legge Finanziaria). Questo significa che la credenza popolare che la Svizzera è un paradiso fiscale e l’Italia una Paese a elevato carico fiscale, in questo contesto, è palesemente sovvertita.
Nel prendere le nostre scelte dovremo quindi non solo pensare alla Svizzera come ad un sistema chiuso, ma imparare anche a guardare l’evoluzione che accade intorno a noi.