Fusioni comunali o riorganizzazione dei flussi finanziari?
Senza dubbio il fascino della vita politica è dato dalle nuove
sfide che si incontrano di giorno in giorno. Il migliore servizio che
si può prestare per i cittadini è di affrontarle
razionalmente, senza piegarsi a interessi di gruppi o abbandonarsi alle
mode del momento.
L'idea di promuovere le fusioni nel Ticino è nata per risolvere
l'impossibilità esistenziale per qui piccoli Comuni di valle per
i quali l'aggregazione costituisce una via obbligata per garantire dei
servizi a costi sostenibili. Il fusionismo ha poi contagiato le aree
urbane. Una prima differenza importante è che tra città
(Bellinzona, Locarno e Lugano) e relative cinture le fusioni
rappresentano solo una opzione della quale si può discutere
senza urgenza tranquillamente a tavolino. Infatti si è in
presenza di Comuni che hanno una massa critica tale da riuscire ad
essere efficienti nell'assoluzione dei propri compiti (ciò non
significa che non si possa migliorare!).
La domanda è: cosa spinge la fusione in queste aree?
Da una prima analisi appare chiaro che la leva finanziaria è la
più importante se non addirittura l'unica motivazione reale
sulla quale vengono prese le decisioni.
Alcuni esempi: la città di Locarno, finanziariamente debole, ha
scritto ai Comuni vicini per sondare l'interesse per una "grande
Locarno": ebbene la stragrande maggioranza ha risposto picche; Comuni
come Muralto, sanissimi dal punto di vista finanziario, non hanno
nessun interesse a diventare poveri per la gloria della città.
Più vicino a noi abbiamo una Pregassona che vede nel matrimonio
con Lugano la possibilità di accedere a mezzi finanziari enormi
per risolvere una non rosea situazione di cassa.
Da queste prime impressioni sorge una seconda domanda: sono le fusioni
la risposta adatta a questa lotta tra ricchi e poveri? Se il problema
fosse solo finanziario e non strutturale, basterebbe solo una risposta
concernente lo specifico problema delle finanze, senza stravolgere
l'intero assetto dei Comuni. Sarebbe un po' come il medico che vedendo
un'unghia incarnata decidesse di amputare l'intera gamba al posto di
curare solo dove c'è realmente la malattia.
La difficile situazione finanziaria di molti enti locali non è
da ascriversi a una gestione non sana o particolarmente inefficace
delle risorse, quanto ad una preoccupante disparità che va
accentuandosi delle risorse fiscali, persone giuridiche in particolare.
Ad esempio il nostro Comune ha risorse fiscali pro capite che sono
molto meno della metà di quelle della città di Lugano.
Questo perché quasi tutte le società hanno sede in centro
e le PG contribuiscono con circa il 50% alle entrate luganesi, mentre a
Viganello si supera di poco il 10%.
Eppure tutti i servizi di base sono offerti dal nostro Comune
più che dignitosamente, anzi con molti extra che cercano di
incontrare le più svariate esigenze della nostra
comunità. Pur avendo oltre il doppio di risorse non mi sembra
che nella vicina città si possa lontanamente parlare di una
qualità doppia dei servizi, aspetto che mette in luce critica la
tanto decantata efficienza dei servizi su ampia scala (se possono
spendere così tanto e non stanno così meglio, significa
che spendono male).
Se la malattia è la disparità delle risorse la cura
necessaria è unicamente una riorganizzazione dei flussi
finanziari. In particolare sono da distribuire i profitti generati
dalle persone giuridiche, entità immateriali, tra i veri
cittadini in carne e ossa, i quali hanno bisogno di scuole, case per
anziani e via dicendo. Non uccidiamo i Comuni solo perché solo
per la colpa di essere poveri. Ricorriamo semplicemente ad una delle
funzioni chiave dello Stato, quella di ridistribuire in modo equo le
risorse tra i più fortunati e i meno.
Giordano Macchi